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La nuova formazione: flessibilità, pensiero critico e Intelligenza Artificiale

  • Immagine del redattore: Eleonora Guido
    Eleonora Guido
  • 2 set
  • Tempo di lettura: 2 min

Vorrei fare una riflessione, prendendo spunto da una conversazione in un aperitivo di qualche giorno fa.


L’apprendimento nelle scuole è tuttora concepito come un percorso lineare: si studia, con approccio tendenzialmente mnemonico, ci si specializza e poi si accumulano competenze verticali.


La promessa era chiara: più titoli e più conoscenze, più valore sul mercato.


Questo non va messo in discussione: la formazione, il ragionamento logico, il pensiero critico devono restare strumenti affilati con cui leggere e vivere la vita. Solo, vanno scorporati dal mondo del lavoro contemporaneo, almeno da quando è arrivato Google. E, oggi ancora più di allora, l’Intelligenza Artificiale.


Un cambio di paradigma


Vedo ora un cambio di paradigma, come se fosse avvenuto un giro di boa completo.

Oggi il sapere non è più un vantaggio competitivo. Non serve memorizzare nozioni quando basta digitare una query per averle in pochi secondi.

👉 Il vero discrimine non è quanto sappiamo, ma come sappiamo muoverci tra le informazioni.


La fine della verticalità


Il paradigma tradizionale premiava la verticalità: diventare esperti assoluti di una nicchia, custodire un sapere tecnico inaccessibile.

Oggi questo approccio rischia di trasformarsi in un limite.Una competenza troppo verticale può diventare fragile, obsoleta, persino sostituibile da una macchina che sa fare meglio lo stesso compito.


Il valore delle competenze trasversali


Il nuovo vantaggio competitivo si gioca sull’elasticità mentale: la capacità di collegare, attraversare, tradurre competenze diverse.

Non è più questione di “saperne tanto”, ma di saperne in orizzontale.

Le competenze trasversali — creatività, pensiero critico, comunicazione, gestione del cambiamento — sono ciò che permette a una persona di navigare in un mondo in continuo movimento.


Formarsi per connettere


Questo non significa rinunciare alla formazione. Significa, piuttosto, cambiarne il senso.

Non si tratta di accumulare titoli, ma di allenare la mente a passare da un contesto all’altro, a contaminarsi, a leggere i segnali deboli.

La formazione diventa quindi un terreno di sperimentazione: meno enciclopedico, più strategico.


La sfida del futuro


Chi “vince” non sarà il più formato in senso classico, ma chi avrà coltivato la capacità di pensare lateralmente, di apprendere rapidamente, di unire i puntini.

La vera differenza non la farà chi sa di più, ma chi sa muoversi meglio.


Una libertà inattesa


In questo mi ritengo fortunata: non sono mai stata una studentessa modello. La mia mente vagava sempre, la concentrazione è qualcosa che ho imparato ad allenare negli anni — e ancora oggi con fatica.

Eppure, quel mio istinto a non incastrarmi in un solo argomento, a non spaccare il capello in quattro, sta diventando un’arma incredibile di libertà.

Perché sto imparando tanto e riesco a usare le diverse AI come tanti piccoli collaboratori.


Conclusione


Non bisogna spaventarsi. Bisogna divertirsi.Almeno, io la vedo così.

 
 
 

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